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Pubblicitari a confronto: tu da che parte stai?

Indice

A meno che tu non venda sale o benzina fare pubblicità oggi è indispensabile, con questo articolo voglio mostrarti i punti di vista, spesso contrapposti, di pubblicitari che hanno fondato agenzie di fama planetaria.

Oggi ci sono diverse correnti di pensiero per fare pubblicità, chi pensa la creatività sia solo una perdita di tempo, altri punto di forza. 

Partiamo con William Bernbach, 1911 – 1982

Nato a New York, creativo puro, geniale, istintivo. Non amava e ricerche di mercato, riteneva limitassero il pensiero creativo. 

Fu il primo a concepire la fusione tra copywriter ed art director come unità autonoma, la cosiddetta coppia creativa. 

La prima domanda che si poneva è : “Perché una persona qualsiasi dovrebbe guardare il nostro messaggio? Poneva il problema di dover ricompensare il lettore del prezioso tempo che di fatto la pubblicità sottrae. 

I due tratti distintivi della sua comunicazione sono l’ironia ed il negative approach. 

L’ironia per strizzare l’occhio ad una cerchia di consumatori che condividono lo stesso codice espressivo e che sono felici di immedesimarsi nel messaggio. 

Il negative approach aveva invece il compito di prevenire le obiezioni dei consumatori più scettici anticipando ed anzi enfatizzando i punti di debolezza. 

Leo Burnett, 1891 – 1971

Nato nel Michigan, vissuto a Detroit. Nel 1935 fonda la sua agenzia con il suo nome. 

Il suo stile era noto come “common touch”, genuino e diretto, in qualche modo contrapposto alla creatività dei suoi colleghi newyorkesi. 

Utilizzava in linguaggio semplice e soggetti molto simili a persone comuni, era ossessionato dalla motivazione che aveva spinto il produttore a creare un determinato prodotto e che avrebbe dovuto indurre il consumatore ad acquistarlo. 

Era solito usare animaletti antropomorfi per creare calore e colore intorno all’immagine di marca! 

Burnett invento l’ancora attuale tigre di Kellogg’s e ideò da zero una delle campagne che lo resero più noto, la campagna Marlboro. 

La Leo Burnett Worldwide è una tra le agenzie pubblicitarie più importanti del mondo. Dall’anno 2002 fa parte della multinazionale Publicis Groupe

David Ogilvy, 1911 – 1999

Lui è l’esempio evidente che per essere un pubblicitario di successo bisogna avere conoscenze trasversali. 

Nasce in Inghilterra, ebbe scarso successo all’Università di Oxford, da li fece tutti i mestieri più disparati : chef a Parigi, venditore porta a porta di elettrodomestici in Scozia, assistente sociale in Edimburgo, agricoltura in Pennsylvania, addetto militare all’ambasciata Britannica, ricercatore per Gallup, giornalista ed infine pubblicitario di successo! 

Credeva nella necessità di essere onesti con i suoi consumatori e nell’importanza di fornire dettagli sul prodotto, sui metodi di fabbricazione, sui materiali impiegati. 

Si racconta che chiese ai suoi creativi di soggiornare nelle fabbriche Mercedes per tre settimane, prima di iniziare a lavorare sulla creatività della campagna. 

Le analisi del comportamento del consumatore sono presupposto principale per dotare la pubblicità di un fondamento scientifico. 

Nelle sue campagne svolgeva un meccanismo chiamato story appeal, letteralmente il fascino del racconto. 

Nei suoi annunci la parte verbale e visiva si fondono in un’istantanea che rappresenta un momento di una storia più lunga, il cui svolgimento è legato al pubblico. 

Oggi la Ogilvy è una tra le più importanti agenzie pubblicitarie del mondo. 

Il creativo per eccellenza, Jacques Seguéla

“Lo stesso Dio crede nella pubblicità poiché ha messo delle campane in tutte le sue chiesa” 

Nasce a Parigi, carismatico, passionale, irrequieto, provocatorio.

La campagna che lo rese noto fu quella che condusse François Mitterrand a vincere le elezioni presidenziali del 1981 all’insegna dello slogan “La forza tranquilla”. 

Un anno dopo nel libro “Hollywood lava più bianco” attacca lo stile pubblicitario statunitense e la sua tendenza ad ingabbiare la creatività. 

La chiave delle sue campagne era la “star strategy”, secondo questa teoria la marca deve essere gestita come una persona, con l’obiettivo preciso di farne una celebrità, una star appunto. 

Creativo d’eccellenza, costruiva una comunicazione di grande impatto, spesso al limite della provocazione. 

Per Séguéla il prodotto deve avere un fisico (combinazione tra essenza e immagine percepita dal pubblico ), un carattere (distintivo e desiderabile)  ed uno stile (unico e difficilmente imitabile). Mentre lo stile ed il fisico possono essere di volta in volta adattati al contesto culturale, il carattere deve restare coerente a se stesso! 

Seguelà è passato alla storia sopratutto per le pubblicità del Club Méditerranée, di Carrefour e di Citroën da lui stessa definita : “La marca della mia vita”.

Ha co-fondato l’attuale Havas, oggi una delle più importanti agenzie pubblicitarie del mondo! 

Ed ecco Mary Douglas, 1921 – 2007

Antropologa che ha condiviso considerazioni fondamentali per il mondo dei consumi.

Sicuramente nessuno più di lei ha saputo dare una visione più chiara della sociologia capitalistica attuale. 

Studiando le società primitive appura l’idea che ogni forma di società deve disporre di significati comuni che rendono possibile la comunicazione e la comprensione tra individui. 

I rituali di consumo non solo permettono agli individui una maggiore coesione reciproca ma consentono, esattamente come i rituali presenti nelle società primitive di dare ordine e senso ai confusi eventi che accadono nell’ambiente socioculturale. 

Il consumo è considerato dall’autrice come una arena in cui individui elaborano strategie di inclusione ed esclusione; la ricchezza pertanto non dipende dalla quantità di beni posseduti ma dalla possibilità di essere inseriti in processi di scambio in cui vino facilitato il contatto con gli altri.

Da tale concezione i beni fungono da strumento per entrare a far parte di un gruppo sociale, gli individui tendono ad acquistare beni che consentano di comunicare con i membri del di cui fanno o vorrebbero far parte. 

“Il mondo è costruito socialmente” 

Dulcis in fundo: Rosser Reeves,  1919 – 1984 

Nonostante il suo difficile stile differisca molto da quello che gli autori precedentemente trattati, Reeves fu protagonista di una vera e propria rivoluzione culturale. 

La pubblicità è qualcosa che aveva a che fare più con la scienza e la ricerca che con l’arte e lo spettacolo. 

Nessuno ha mai comprato niente da un clown! 

Il compito del pubblicitario è mostrare i punti di forza dei prodotti, non di rendere le campagne originali. 

Ogni pubblicità deve avere un beneficio chiaro e tale da non poter essere riproposto, dunque unico! 

A questo sistema Reeves abbina la teoria del martellamento, in gergo hard selling che consisteva nel ripetere incessantemente, anno dopo anno, campagna dopo campagna il benefit distintivo del prodotto. 

Dai sondaggi dell’epoca risultatavi che le pubblicità di Reeves non erano affatto gradite a pubblico. Ciononostante nessuno osava muovere obiezioni rispetto agli oggettivi riscontri che ne derivavano in termini di vendite. 

Le sue campagne più celebri sono state M&M’s e Anacin. 

Spero che questo articolo, estremamente sintetico date le intense carriere di questi pubblicitari, vi renda l’idea di come nella pubblicità non ci sono formule magiche in quanto è rivolta a persone, in continuo mutamento e tutt’altro che prevedibili. 

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